L’epopea dei marchigiani in Brasile

Ascoli.- “Fazendas, café, cana-de-açúcar, vinha e uvas” è uno dei tre libri finalisti della VII edizione del Premio Letterario Dispatriati – Per opere sulle migrazioni 2022 che, pur non ottenendo il primo posto, è stato ritenuto degno di pubblicazione.

L’opera a stampa è stata presentata in occasione di Sì, Viaggiare-Festival della Letteratura di Viaggio il 29 giugno in Piazza Marconi a Jesolo Lido.

”Marchigiani in Brasile” è il sottotitolo del libro della pesarese Paola Cecchini, ma ne rappresenta il fulcro. Il Brasile viene raccontato nelle sue difficoltà e nelle sue opportunità, arrivando all’evoluzione ed espansione del Paese che ha accolto una quantità impressionante di italiani.
”È quasi impossibile conoscere quanti oriundi italiani vivono nel mondo ma la combinazione di alcuni studi, realizzati da ONG, istituzioni religiose ed enti pubblici e privati, ce ne danno un’idea abbastanza veritiera; sarebbero quasi 80 milioni” di cui 27,2 milioni solo in Brasile. Dati e numeri alla mano, Cecchini restituisce un quadro generale dell’emigrazione italiana per il mondo, focalizzandosi poi sul Brasile e sui marchigiani.
”Il periodo più importante per quanto attiene alla destinazione brasiliana è quello che va dal 1884 al 1914 durante il quale partirono dalla Regione 24.783 persone, il 6,5% del totale degli espatri regionali del periodo (382.503) e il 9,7% degli espatri verso le Americhe (255.133)”.
Il viaggio saggistico si addentra nell’era del caffè, che segue quella dello zucchero e dell’oro. La maggioranza dei marchigiani arrivati in Brasile lavorò nello Stato di São Paulo presso le piantagioni di caffè spinti a lasciare l’Italia per seguire false promesse di ricchezza.
Attraverso l’intervista a 22 famiglie ascolane che nei primi anni Cinquanta lasciarono le Marche dopo aver acquistato terreni agricoli in Brasile, si ripercorre il destino comune a tanti altri migranti italiani. Ingannati dallo Stato italiano, si ritroveranno a vivere in regime di semi-schiavitù nelle fazendas di caffè e canna da zucchero, da cui fuggiranno di notte grazie all’aiuto di un sacerdote
veneto.
Abbandonato il sogno che li aveva spinti oltreoceano, si rimboccheranno le maniche in città dove costruiranno una seconda vita, godendo di un Paese ospitale, pieno di bellezze naturali e con un buon clima, e ricordando sorridendo le parole del leader del gruppo: ”I primi dieci anni sono sempre terribili, si sa, ma dopo passa!”

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