Alternanza scuola-lavoro : tutelare e retribuire i giovani

Da Sinistra Italiana riceviamo e pubblichiamo, come contributo al dibattito :

Macerata.- “I recenti tragici eventi di Giuseppe (16 anni) e Lorenzo (18 anni) dovrebbero interrogare tutta la società su modalità, scopo e funzionalità dell’alternanza scuola-lavoro.

È necessario partire da un presupposto: non si può morire in orario scolastico e non si può morire in un luogo di lavoro poiché imposto dallo Stato, come nel caso del PCTO. Qui non si parla di strumentalizzazione o populismo, ma di una cosa ben più profonda, cioè del come mai, in Italia, sono morti, nel giro di qualche settimana, due ragazzi in orario scolastico mentre facevano alternanza scuola-lavoro. Giuseppe e Lorenzo si trovavano lì a causa di un sistema che gli ha imposto di essere lì, di fare determinate esperienze senza prima sentirne il parere. Inutile e irrispettoso parlare di fatalità.

È così difficile rispettare i dubbi delle nostre studentesse e dei nostri studenti quando si domandano se quel lavoro che si sta andando a fare con l’alternanza o con un tirocinio sia effettivamente utile al proprio percorso formativo e pedagogico? L’alternanza scuola-lavoro è inserita nel percorso scolastico come step obbligatorio, che non lascia nessuna scelta. Il PCTO dovrebbe mostrare la pratica di un lavoro che alle nostre ragazze e ai nostri ragazzi interesserebbe fare, che gli piacerebbe fare una volta entrati pienamente nel mondo del lavoro. Perché, volenti o nolenti, il lavoro deve piacere. Non deve trattarsi di una questione di produttività e profitto. O, almeno, non solo.

Un adolescente, proprio perché in fase di sviluppo e alla ricerca della propria identità, non dovrebbe essere costretto a fare esperienze che magari non desidera fare. Dovrebbe essere accompagnato, seguito, ascoltato e reso partecipe di un processo conoscitivo e pratico. La scuola, in questo, dovrebbe essere al suo fianco ad accompagnarlo e proteggerlo. Non può essere lasciato da solo in balìa di aziende che o non lo considerano affatto, e lo lasciano in un angolo a fare fotocopie, o gli impongono di concorrere alla massimizzazione del loro profitto senza tutelarlo e retribuirlo.

Perché sì, a questo punto, quello che dobbiamo chiederci, tutte e tutti noi, è, se questa misura serve davvero ad un primo approccio con il mondo del lavoro, come mai i giovani non ricevono una retribuzione? O almeno un rimborso spese? Li stiamo facendo approcciare ad un mondo che non tiene in considerazione il loro tempo libero? Ad un mondo che insegna che quando si presta un servizio non è necessario ricevere nulla in cambio?

Se si partecipa attivamente al processo produttivo, come ad esempio stage di istituti professionali, di un dato soggetto privato o pubblico, bisogna essere pagati. Non ci si approfitta del percorso formativo dei giovani. Se, invece, per ragion di cose il ruolo delle studentesse e degli studenti può essere solo quello di osservatori attivi (e non passivi come oggetti di arredamento) bisogna che ci sia almeno un rimborso spese. Non bisogna dimenticare che il nostro apparato scolastico deve garantire il diritto allo studio e nel caso dell’alternanza si sta, di fatto, studiando. Questo non deve gravare sulle tasche delle famiglie.

Un ulteriore appunto va fatto riguardo alla concezione stessa dell’alternanza scuola-lavoro. Il lavoro non è composto solo dalla parte produttiva del mestiere ma anche dal tutelarsi e dall’essere tutelati e in virtù di questo andrebbe integrata con una formazione sindacale pensando una vera e propria alternanza scuola-lavoro-sindacato, perché sì, nel mondo del lavoro, c’è anche il mondo sindacale. E questo è essenziale nella tutela dei diritti delle lavoratrici, dei lavoratori, e, non di meno, della scuola che si affaccia al mondo del lavoro tramite il PCTO. Risulta necessario, quindi, far aumentare la consapevolezza delle studentesse e degli studenti in merito, evitando la triade “Consuma-Produci-Crepa”.

L’ultima considerazione è più di carattere etico. La scuola deve educare a essere cittadine e cittadini consapevoli e critici e non “addestrare” ad essere lavoratori yesman e lavoratrici yeswoman. Un lavoro si impara anche in breve tempo, ma diventare persone critiche e consapevoli, con dei valori e con un’identità formata e chiara, necessita tempo; un tempo che la scuola non può e non deve perdere.

In conclusione, ci stringiamo attorno alle famiglie di Giuseppe e Lorenzo ed auspichiamo un dibattito costruttivo, basato su tutela-retribuzione-volontarietà, per fare in modo che tragedie simili non accadano più né nel mondo del lavoro, né nel mondo della scuola.”

Firma :

Tommaso Ansevini

Giulio Cesaroni

Davide Marconi

Andrea Maurilli

Nicolò Pacenti

Leonardo Piergentili

 

 

 

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