Strage migranti in mare nel 2015. Medici Politecnica Marche esamineranno Dna delle vittime

Ancona 31 gennaio.- I medici legali e gli esperti dell’Università Politecnica delle Marche procederanno agli esami del Dna di una parte delle 550 salme di migranti recuperate dopo il naufragio di un imbarcazione eritrea avvenuto il 18 aprile 2015 in Mediterraneo, nel Canale di Sicilia. Le operazioni si svilupperanno in diversi laboratori italiani certificati, tra i quali vi è quello del Dipartimento di scienze biomediche e sanità pubblica dell’Ateneo dorico.

La Politecnica delle Marche aveva già partecipato alla prima fase del progetto di identificazione delle vittime, nell’ambito della missione umanitaria promossa nel 2016 dalla CRUI (Conferenza dei Rettori delle Università Italiane) , seguita al protocollo d’intesa tra il Ministero della Difesa, quello dell’Università e ricerca scientifica e il Commissario per le persone scomparse.

L’attività  fino ad ora era consistita nella rilevazione degli indumenti ed altri oggetti personali, nell’ispezione esterna, nell’autopsia e nell’esame antropologico di ottanta corpi ricoverati dalla nave naufragata nel 2015. Il lavoro, compiuto dai medici legali dell’Ateneo con la partecipazione dell’Azienda degli Ospedali Riuniti di Ancona, era stato svolto in un hangar della Marina Militare nella base navale Nato di Melilli, nei pressi di Augusta, in Sicilia.

Grazie ad esso, si è riusciti tra l’altro a conoscere la storia del bambino del Mali-  nota all’opinione pubblica, che aveva un giubbotto la cui cucitura interna celava la pagella scolastica scritta in arabo e in francese (citata nel libro di Cristina Cattaneo “Naufraghi senza volto. Dare un nome alle vittime del Mediterraneo”).

Spiega il Rettore della Politecnica, Sauro Longhi : “La nostra UniversitĂ  continuerĂ  a collaborare al progetto anche in questa seconda fase, con le proprie strutture ed il proprio personale coordinato dal prof. Adriano Tagliabracci, perchĂ© ciò è un nostro dovere.”

Dal canto suo il prof. Tagliabracci, sottolinea come si sia trattato di “un’esperienza formativa unica, sia dal punto di vista professionale che umano. “ Eppoi aggiunge : “Ci siamo impegnati in questo compito, a titolo gratuito e volontario, per dare un’identitĂ  ai poveri corpi e restituire, se possibile, i resti all’affetto dei propri cari ovunque essi si trovino”.

 

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