La rotta balcanica, le Marche e il film “Trieste è bella di notte”

Ancona.-“Trieste è bella di notte”, realizzato da Andrea Segre, Stefano Collizzolli e Matteo Calore, distribuito da ZaLab, e’ patrocinato, fra gli altri,  da Amnesty International Italia e la rete Rivolti ai Balcani.

Il film , in un calendario molto serrato , toccherà i cinema di Fermo, Ancona, Macerata, Ascoli Piceno, Senigallia, Fano e Pesaro. Per un totale di otto proiezioni che saranno seguite e precedute da dibattiti sui temi proposti dal documento.

“In particolare – sostiene Amnesty Marche – esso mostra senza alcun filtro e con le sole parole delle persone che hanno cercato di attraversare il confine tra Italia e Slovenia, le difficoltà, le violenze e le conseguenze affrontate quali conseguenze delle politiche restrittive perpetrate illegittimamente dall’Unione europea e, soprattutto, dall’Italia. Di contrasto alla voce dei migranti e dei richiedenti asilo è quella del governo italiano che, pur a conoscenza delle violenze e delle condizioni degli “Stati-campo” lungo la rotta balcanica, rivendica, senza remore, la pratica delle riammissioni informali e dei respingimenti.”

«La cosa peggiore è stato il respingimento. Il giorno del respingimento è stato terribile per me. È stato un giorno infernale», racconta un ragazzo.

E i continui respingimenti, anche a “catena” costringono le persone a tentare di vincere il “game” anche più di 50 volte nel corso di pochi anni, con la speranza di raggiungere il confine.

Il confine tra Italia e Slovenia è sulle colline, sopra Trieste. Se lo attraversi a piedi di notte le luci della città brillano nel mare.  Può sembrare l’avverarsi di un sogno. O l’inizio di un incubo, fatto di emarginazione, di giornate e notti passate per strada senza assistenza, di attese di rilascio di un documento di soggiorno che rappresenti la fine del “game”.

Simili pratiche riguardano non soltanto la rotta del Mediterraneo (gli accordi con la Libia, per esempio) ma anche la rotta balcanica, attraversata da persone per la maggior parte provenienti da Siria, Afghanistan, Iraq, Iran, Pakistan e Bangladesh, che compiono il tentativo di raggiungere l’Europa.

Nel corso degli anni, lungo tale rotta sono stati costruiti e innalzati dei veri e propri muri: materiali come quelli costruiti da Orban al confine con la Serbia e con la Croazia (175 e 348 km), dalla Bulgaria al confine con la Turchia (240 km), dalla Slovenia al confine con la Croazia (200 km) o dalla Grecia al confine con la Turchia nel settembre 2021 dichiaratamente realizzato per bloccare gli afghani (40 km).

Ma anche attraverso accordi con vari Paesi, quali la Turchia, Albania, Serbia e Montenegro, Bosnia-Erzegovina, che comprendono lo stanziamento di risorse finanziarie, il supporto di Frontex alla polizia locale lungo i confini e, di fatto, pratiche di respingimento.

Lungo tutto la rotta, le persone subiscono violenze, torture, respingimenti e restrizioni arbitrarie da parte delle autorità di polizia di frontiera dei vari Paesi, compresi quelli dell’Unione europea. Sotto quest’ultimo aspetto, l’Italia, in virtù di un accordo bilaterale di riammissione con la Slovenia del 1996, mai ratificato dal Parlamento come previsto invece dall’articolo 80 della Costituzione, ha illegittimamente eseguito dei respingimenti lungo il confine con il Paese. Basandosi su tale accordo, nel 2020, l’attuale ministro dell’Interno Matteo Piantedosi – allora capo di gabinetto al Viminale con Matteo Salvini nel primo governo Conte – con una circolare sollecitava ciò che venivano definite riammissioni informali verso la Slovenia.

foto cgil : campi profughi in bosnia

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