Asili nido troppo cari nelle Marche

Ancona.- Cercasi asilo nido nelle Marche: solo il 28,5% dei bimbi riesce ad essere inserito e a costi tra i più elevati  a livello nazionale con una spesa pari a 1507 euro annui. E’quanto emerge dagli ultimi dati ISTAT elaborati dalla Cgil Nazionale. “E’ una situazione insostenibile, la Regione intervenga,  va ripensato il sistema educativo”, è il commento di Eleonora Fontana e  Loredana Longhin, della segreteria regionale Cgil Marche..

A cinquantadue anni dall’istituzione degli asili nido (Legge n. 1044 del 6 dicembre 1971) e dopo 34 anni dall’adozione della Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia, nella regione, dunque, i posti disponibili negli asili nido, nei micronidi e nelle sezioni primavera (pubblici o privati) sono 8.976, a fronte di una popolazione residente 0-2 anni di 28554 bambini. Questo significa che  solo il 31% è incluso nel circuito dei servizi educativi per la prima infanzia, percentuale che scende al 28,5% se si prendono in esame solo gli asili nido.

Asili nido poco accessibili, secondo la Cgil non solo in termini di capacità ricettiva ma anche in termini di costi: i dati evidenziano che le Marche sono una delle regioni in cui le famiglie partecipano di più alla spesa complessiva per i servizi educativi per la prima infanzia, con il 23,9% della compartecipazione, a fronte del valore medio nazionale del 17% e in aumento rispetto all’anno precedente (20,8%). In pratica le famiglie marchigiane sborsano 1507 euro annui per ogni figlio (la media annua nazionale è pari a 1431 euro). Nella regione, infatti, si osservano bassi livelli di spesa media per utente a carico dei comuni: 4.798 euro, ben al di sotto dei 7006 euro medi al livello nazionale.

La spesa media delle famiglie per bambino è fra le più alte a livello italiano, in percentuale le Marche sono terze dopo Molise e  Calabria.

Questi fattori hanno delle ripercussioni anche nel mercato del lavoro, in particolare per le donne. In base ai dati ISTAT elaborati dall’Ires Cgil Marche, nel II trimestre 2023 nella regione si assiste  ad un dato che va in controtendenza rispetto a quello nazionale. Diminuisce la forza lavoro, ovvero la somma di occupati e disoccupati, ed aumenta il numero di inattivi. A pagarne le spese sono, ancora una volta, le donne e i dati lo evidenziano: il 33,7% delle donne sono inattive, rispetto al 23% degli uomini. Dichiara Eleonora Fontana: “E’ urgente definire un piano regionale che favorisca la piena e buona occupazione, in particolare per le donne. Per invertire i dati sull’occupazione femminile, va ripensata l’organizzazione del lavoro attraverso una riduzione e redistribuzione degli orari lavorativi e garantendo accesso pubblico e gratuito a servizi e strutture”.

 

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