A Recanati la “memoria viva” dell’emigrazione marchigiana

Recanati (Mc) 24 ottobre.– Il Museo dell’Emigrazione Marchigiana di Recanati apre al pubblico  una raccolta di materiale per mantenere viva la memoria dei 700 mila marchigiani che a cavallo tra Ottocento e Novecento hanno lasciato la loro terra d’origine per dirigersi verso un luogo sconosciuto alla ricerca di fortuna e anche di coloro che hanno deciso di compiere il medesimo passo in tempi più recenti. Tutti, marchigiani e non,  possono collaborare attraverso donazioni o prestiti di fotografie, documenti, oggetti, memorie audio o contributi video.

Il progetto, promosso da Regione Marche e Comune di Recanati e realizzato da Sistema Museo, si inserisce nel più ampio calendario di iniziative volte a costituire un Centro di documentazione all’interno del Museo dell’Emigrazione, ospitato dal 2013 nel museo cittadino di  Villa Colloredo Mels. Per l’occasione la struttura si è dotata di una postazione attrezzata per la ricezione, catalogazione e acquisizione digitale di documenti e immagini, e di una videocamera per la realizzazione di interviste

Un’iniziativa che intende promuovere il valore della memoria e la riscoperta delle radici  che ci identificano con il nostro territorio- dice l’Assessore alla Cultura della città leopardiana, Rita Soccio  – Un viaggio  in bianco e nero  a ritroso nel tempo alla scoperta degli usi, dei costumi e delle tradizioni che appartengono alla storia di ognuno di noi. Arricchire la nostra memoria – aggiunge l’assessore – ci permette di comprendere meglio le dinamiche di ciò che accade oggi.”

La comunità dei marchigiani più grande del mondo si trova in Argentina, dove da un recente censimento, risultano essere ben 1 milione e mezzo di marchigiani con discendenza fino alla terza generazione.

La scelta di emigrare in Argentina fu dovuta probabilmente per una naturale corrente di simpatia che si stabilì tra una regione profondamente rurale, come erano le Marche dell’epoca, ed un Paese che legava fortemente il proprio sviluppo economico al settore agricolo; probabilmente per affinità di lingua, sicuramente per la prospettiva di ricevere protezione da parte del governo federale che da anni operava in tal senso.

 

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