A cosa serve la ferrovia Ascoli-Roma ? Si riaccende il dibattito politico, ma la realtà è diversa

Ascoli Piceno 7 gennaio.- La ferrovia Ascoli-Roma riaccende improvvisamente il dibattito politico ed elettorale nel Piceno. E ciò grazie ad un iniziativa della giovane deputata grillina Rachele Silvestri che ha fatto inserire nella legge di bilancio uno studio di fattibilità dell’opera, attesa nel capoluogo da oltre un secolo. Siamo alle fasi preliminari naturalmente, che dovranno stabilire se il rapporto costi-benefici potrà essere sostenibile da parte dello Stato ( o dai privati). Subito la proposta ha avuto l’appoggio del presidente del Consorzio Universitario Piceno, Achille Buonfigli, che ha affermato trattarsi di “ un’ infrastruttura assolutamente prioritaria e insostitibuile per favorire la rinascita delle aree interne colpite dal sisma e di tutta la provincia”. Annunciando che il Cup procederà poi alla ristampa anastatica di tutti gli studi e i documenti redatti nel tempo sulla cosiddetta “Ferrovia dei Due Mari” .

A Buonfigli ha fatto subito seguito il consigliere regionale, ex sindaco e presidente della provincia di Ascoli, Piero Celani (Forza Italia) che però nel suo intervento pubblico ha espresso molte più critiche che giudizi positivi . “I grillini sanno che per realizzare la ferrovia ci vorranno 25 o 30 anni , e nel frattempo le zone terremotate saranno desertificate ?” ha scritto Celani, che molti danno di nuovo candidato alla guida del Comune piceno alle elezioni di primavera. “Occorre dare risposte immediate ai territori colpiti dal sisma e rilanciare opere come la Bretella di San Benedetto ( emendamento Cangini per 60 mln), il completamento della Mezzina, l’ammordernamento della Salaria e della statale 81: tutte infrastrutture che si possono fare in 5 anni.”

Fin qui il confronto, aperto fino ad ora e certamente utile a riavvivare su temi forti un dibattito pubblico e politico che era rimasto asfittico e confinato alla bassa polemica locale e partitica. L’iniziativa parlamentare del Movimento 5Stelle ha rilanciato il programma di un’opera che da sempre era stato cavallo di battaglia di un associazione come Italia Nostra, che periodicamente organizza convegni e manifestazioni sull’argomento. In una di tali occasioni, nel novembre 2017 era emerso che il costo della ferrovia che finalmente dovrebbe collegare il sud delle Marche con Roma e la costa tirrenica, evitando di far fare ai poveri viaggiatori un giro in treno di almeno 7 ore, sarebbe non inferiore ad un miliardo di euro. Una cifra che definire enorme è davvero poco, e che forse nessun gruppo politico ascolano o marchigiano ha la forza di imporre e far stanziare al Governo. Anche se questo progetto mettesse d’accordo tutti, e non invece come accaduto da decenni ad oggi, trovasse ostacoli alzati praticamente da ogni lobby ufficiale o nascosta e da ogni categoria, per motivi che non conosciamo. Ma anche se quei soldi venissero trovati, e ciò anche andando anche contro la filosofia stessa dei grillini che dichiarano di essere contro le grandi opere, quanto tempo ci vorrebbe solo per redigere i progetti tecnici, appaltare i cantieri e far solo partire i lavori ? Molti anni, davvero molti anni, questo è sicuro. Forse troppi, per le condizioni attuali dell’Ascolano in termini di depressione economica, sociale e occupazionale. Prima di intraprendere questo “viaggio” ferroviario, che certamente nel lungo periodo potrebbe spezzare l’isolamento del capoluogo piceno dal resto dell’Italia che conta, occorrerebbe utilizzare davvero quei fondi per il sisma che sono stati promessi dallo Stato e dall’Unione europea ( 4 miliardi), per far rimprendere vita alle comunità più colpite e rilanciare le attività economiche in tutto il territorio meridionale delle Marche.

Magari pensando anche ad un progetto strategico che immagini un futuro nuovo per l’intero comprensorio locale, e non solo a iniziative sporadiche e parziali a beneficio di alcune industrie e alcuni settori, senza che esse producano vantaggi reali per la collettività.

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