La farsa della ex Carbon di Ascoli

Ascoli.- Siamo alla farsa. Dopo 25 anni dalla chiusura della ex Sgl Carbon di Ascoli, Comune ed associazioni annunciano al pubblico – udite udite – “un concorso di idee” per la destinazione futura dell’area di 27 ettari dove ancora insistono capannoni ed orrende ciminiere. In una città normale dopo un quarto di secolo si era almeno bonificata l’area e si erano smantellate le strutture che rovinano lo skyline di un capoluogo che è tra i più belli d’Italia.

In una città normale, se ci fosse stata anche una classe politica ed imprenditoriale di poco superiore a quella ascolana si sarebbe forse già costruito un quartiere nuovo con palazzi, parchi ed attività commerciali o simili. Invece ad Ascoli solo da qualche mese – Anno del Signore 2023 – si è avviata la complessa bonifica ( intombamento) del terreno  inquinato sottostante la fabbrica di elettrodi di carbonio e vicino al corso del fiume Tronto.

E tutto questo più per impulso del generale Vadalà, noto per le sue capacità e il suo impegno sul fronte ambientalista quando era al Corpo Forestale dello Stato, più che per volontà delle istituzioni e delle forze sociali e politiche locali ( Legambiente esclusa) .

Da qui discende che solo ora, 25 anni dopo lo stop alle attività produttive, lanciare un concorso di idee per il sito a ridosso del centro di Ascoli va oltre il senso del ridicolo. Tanto più che non sfugge agli addetti ai lavori e ai cittadini più informati che l’iniziativa viene presentata a tre mesi dalle elezioni comunali, con finalità evidenti.

L’area Carbon sulla sfondo

 

E’ appena il caso di ricordare che già 20 anni fa università marchigiane e di altre regioni, associazioni e prestigiosi professionisti cominciarono a stendere piani e relazioni per la migliore destinazione dell’area di 27 ettari, tenendo conto delle priorità di cittadini e imprese. Ma evidentemente tutti questi progetti non sono piaciuti ai padroni della città e alle consorterie più note, e tutto è rimasto sulla carta.

Tanto più che il pretesto dei 30-40 milioni di euro necessari per la bonifica del sito – e che nessuno aveva o era in grado di ottenere dallo Stato – permetteva a tutti di rimandare qualsiasi scelta vera.

Aspettando le 40 imprese unite in rete, di cogliere poi le migliori occasioni per fare il business più scontato – il mattone – e ignorando le ipotesi degli esperti sul Parco scientifico e tecnologico e le aree verdi a beneficio dei residenti. Insomma, una farsa che già da tempo ha superato i confini dell’avanspettacolo. Ma la cosa più triste di tutto quanto, è che il cittadino medio ascolano di ciò non sa nulla o mostra di essere disinteressato. Permettendo così ai padroni del vapore di continuare a fare i loro interessi e non certo quelli di una città nuova.

Marco Traini

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