L’arte contemporanea a Casa Leopardi : il Ministro Sangiuliano alla mostra

Recanati (Mc).-Questo è un luogo straordinario; qui si respirano quelle atmosfere e quelle dimensioni che sono appartenute ad uno dei più grandi poeti della letteratura europea, Giacomo Leopardi, che io cito spesso. Un luogo che ci fa comprendere attraverso la Biblioteca la dimensione esistenziale e letteraria del Poeta. Per questo è bella la contaminazione con l’arte contemporanea “.

Queste le parole del ministro della cultura Gennaro Sangiuliano in visita a Casa Leopardi in occasione dell’apertura della nuova mostra allestita nelle sale della celebre Biblioteca del palazzo di Recanati.

In purissimo azzurro è la seconda esposizione del ciclo InterValli, con la quale uno dei luoghi più prestigiosi della cultura italiana si apre all’arte contemporanea, visitabile dal 19 ottobre 2023 fino al 7 gennaio 2024.

“E’ stato un privilegio ricevere il ministro Sangiuliano, grande estimatore di Giacomo Leopardi- ha affermato la contessa Olimpia Leopardi, discendente di Giacomo. In purissimo azzurro è la dimostrazione che la Biblioteca Leopardi è un luogo vivo che continua a produrre cultura nel rispetto dello spirito con cui Monaldo, padre del Poeta l’ha fondata nel 1812 per sé, per i suoi figli, gli amici e i concittadini.  Pur non essendo una conoscitrice di arte contemporanea- ha aggiunto Olimpia Leopardi- sono particolarmente colpita da come artisti di nazionalità, età, percorsi differenti, riescano a esplorare l’immaginario leopardiano in modo così personale. Credo che, oggi più che mai, l’arte – nutrimento indispensabile per lo spirito – abbia la possibilità di costruire ponti fra differenti culture e possa ricordarci che le differenze sono una ricchezza. “.

 Una mostra intergenerazionale e internazionale quella appena inaugura a Recanati,  curata da Antonello Tolve e allestita negli spazi vivi della storica Biblioteca, dove la letteratura apre le porte a ventuno nomi dell’arte, nati tra gli anni Venti e Novanta del secolo scorso che vedono nell’ “odorata ginestra” leopardiana, “contenta dei deserti”, una chiara indicazione di resistenza alle sfide dei tempi.

 Sin dall’inizio della sua visita lo spettatore ha modo di incontrare alcune opere già nei pressi delle cucine – Giuseppe Ciracì con sei lavori (il più grande è Dell’ultimo orizzonte il guardo esclude), Ulrich Egger con Leerstand, Ciro Vitale con un libro di cera e resina su cui si legge Or tutto intorno una ruina involve, i Minus.log con due Windows – e lungo il corridoio che porta alla prima sala, dove ci sono un nucleo di progetti che riflettono su Leopardi e sul suo pensiero.

Qui troviamo, dopo due evocazioni fotografiche di Giusy Calia, il lavoro di Enrico Pulsoni sui VoltiTravolti tra i quali è possibile scorgere la firma di Giacomo Leopardi, un prezioso disegno di Giuseppe Stampone, un drappo di Sabine Delafon installato su una finestra per far filtrare una luce quasi di stelle, una serie di sanpietrini rivestiti all’uncinetto da Miho Tanaka e una storica poesia visiva di Lamberto Pignotti (Super Leopardi del 1965).

Tra la seconda e la terza sala il percorso presenta Nodi quasi di stelle di Deborah Napolitano (una serie di raffinati pinocchietti metallici con cappellino azzurro che cercano di fuggire o sono affascinati – finanche terrorizzati – da qualche volume della biblioteca), alcuni eleganti volatili e fiori in bronzo di Fabrizio Cotognini (il titolo complessivo dell’opera è Hybridatio Mundi) e, nell’alcova, una struttura a forma piramidale – 02023080 del 2020 – che evoca la «cresta fumante» del Vesuvio, a firma di Sebastian Contreras.

Dopo le due sale sacre della biblioteca, lasciate immacolate e senza alcun intervento artistico, lo spettatore può inciampare in Facciamo finta di niente di Mrdjan Bajic, chiaro richiamo a quel “secol superbo e sciocco” che Leopardi ammonisce, smentendo la visione dominante di fiducia nel progresso e nel futuro. In questa stessa sala, nelle teche che ospitano alcuni storici scritti leopardiani, ci sono tre poesie visive realizzate da Lamberto Pignotti nel 1975.

Una carta di Naoya Takahara che richiama alla memoria alcuni disastri dell’umanità (The Blu Planet) e una meravigliosa Pietra filosofale di Vettor Pisani, concentrazione del pensiero che da plumbeo volge verso l’aurea verità delle cose, abitano lo studio di Monaldo Leopardi, mentre, nell’ultima sala, accanto a Constellation di Paolo Canevari, a Above the clouds di Matthias Kostner, a un leporello di Carla Iacono (Speculum Alchemiae) e a una installazione (due foto e una scultura) di Julia Krahn dalla serie SIRENS, troviamo uno straordinario olio su tela di Giulia Napoleone, la Misura della memoria XXII (2012).

 

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